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31 lug 2014

Fede vs Scienza

Prima, cavi che si ingarbugliano, pali che cascano da tutte le parti. Le linee si confondono davanti agli occhi e bisogna legare e slegare e rilegare il cavo da una estremità all’altra del palo.
Allora nel proprio intimo uno fa un atto di fede: hai letto che la regola è tre cavi per ogni vertice? applicala!!!. Gli occhi continuano a confondersi, ma qualche palo con tre cavi sembra funzionare. Ancora più fede.
Poi il miracolo. Con l’ultimo cavo il solido, ancora molto traballante e bisognoso di sostegno, prende vita. La finale danza rituale attorno alla creatura per tirare uno ad uno i cavi. E voilà. La struttura integra tesa ha conquistato d’un colpo stabilità e resistenza.
Ogni volta è lo stesso: se non ci credi, non sta in piedi.


6 apr 2014

Riguardo ai sistemi autorganizzati (seconda)

Nell’agosto del 2007 il laboratorio di autocostruzione, organizzato nei pressi di Mendoza (Argentina), ha utilizzato una tecnica basata sulla aggregazione di triangoli per la realizzazione di un guscio reticolare. Negli studi preparatori e poi nella costruzione vera e propria la curvatura era fatta dipendere dalle modalità di giunzione dei triangoli. Lo spessore delle canne (1 pollice = 2,54 cm) condizionava il soprammontare o il concatenarsi dei triangoli che non è stato facile controllare per dare continuità e coerenza strutturale alla superficie curvilinea.


Quando il guscio ha raggiunto i 2 o 3 metri di lunghezza, la curvatura ha cominciato a dipendere più dalla elasticità del materiali e dalla numerosità dei giunti che non dalle regole di aggregazione. Inoltre, il buon senso ha suggerito di aggiungere ulteriori triangoli per aumentare la resistenza del reticolo nei punti critici, rendendo ancora meno riconoscibile l’ipotesi geometrica iniziale. Ovvero hanno preso il sopravvento i fattori casuali rispetto all’ordine progettuale precostituito. Come se il sistema si fosse autorganizzato a dispetto del progettista.
Come si può riportare questo tipo di casualità all’interno della tecnologia e del progetto? La simulazione ottenuta dopo diversi tentativi, che meglio approssima il procedimento costruttivo e il risultato atteso, utilizza i seguenti algoritmi dinamici:
– la clonatura delle aste cilindriche rispetto a una griglia bidimensionale; clonatura ripetuta 3 volte con con aste che formano tra loro un angolo di 120º (seguendo l’inclinazione dei lati in un triangolo equilatero);
– l’attribuzione di un peso in un campo gravitazionale (ovviamente virtuale) in modo che le canne o aste si sovrappongano tra loro, come avviene nella realtà; nell’animazione le canne sono lasciate cadere sul terreno in modo che ogni corpo rigido trovi la sua propria posizione;
– l’uso di fattori casuali che modificano la disposizione dei pezzi (entro un rango predeterminato) che quindi obbediscono in misura limitata ai vincoli geometrici, esaltando la capacità del sistema di cercare e trovare una condizione di equilibrio sia statico sia dinamico;
– l’attribuzione a posteriori di una curvatura utilizzando i cosiddetti deformatori che impongono all’insieme dei corpi rigidi di passare da una condizione di planarità a una di tridimensionalità curvilinea senza perdere la geometria cilindrica originaria.


23 mar 2014

Work in progress n. 3 per “Sotto Casa”



La proposta tecnologica, sulla quale sarà basato il prossimo laboratorio di auto-costruzione “Sotto Casa”, rilancia il tema della tensione che si genera all’interno di un sistema integrato, o meglio auto-organizzato. I modellini in scala, necessari a istruire e coordinare i partecipanti, partono dalla precedenti esperienze in materia di cavi tesi, che si trasmettono gli sforzi l’uno con l’altro. Tema al quale sono stati dedicati in precedenza altri post su questo stesso blog:

6 gen 2014

Riguardo ai sistemi autorganizzati (prima parte)

Parlare di auto-organizzazione è scivoloso. Perché le definizioni fornite da biologi e matematici appaiono inaccessibili ai più (compreso lo scrivente). Perché gli algoritmi rappresentativi di sistemi autorganizzati sono di difficile accesso e applicazione.
Eppure può essere molto semplice produrre o riprodurre sul proprio tavolo da lavoro un insieme di elementi che suggeriscono forme di autorganizzazione.
Basta prendere un contenitore alimentare (quello del latte o dei succhi di frutta), pulirlo e tagliarlo a strisce. Nessun problema se i pezzi non saranno tutti uguali. I margini di tolleranza sono ampi, anche se non infiniti.
Incurvando le strisce di carta e plastica su se stesse e unendo gli estremi con una volgare cucitrice a punti metallici, vengono fuori degli anelli relativamente piccoli (4 o 5 cm di diametro, 1 o 2 cm di altezza). Anelli che possono essere uniti tra loro sempre con la cucitrice.
Il modo di giunzione degli anelli rappresenta il criterio di autorganizzazione per un sistema seppure così tanto casareccio e poco aristocratico. Scegliamo il più semplice, quello complanare: accostiamo gli anelli disposti su uno stesso piano e cuciamoli nel punto di contatto. Se gli anelli sono tutti uguali e ognuno è circondato da 6 anelli, il risultato è una superficie piana bucata. Ma gli anelli non sono tutti uguali e la superficie tende a incresparsi. Se poi ogni tanto un anello manca tende a formarsi una calotta.
La flessibilità del materiale permette la deformazione degli anelli che da tondi diventano ovali, oblunghi, distorti. E la deformazione degli anelli permette la modellabilità della superficie. Ogni elemento del sistema si organizza soltanto in funzione degli elementi vicini, come recita la principale definizione del principio di autorganizzazione. Nello stesso tempo i margini di tolleranza applicati a un elevato numero di ripetizioni generano una forma, un assetto complessivo del sistema con una propria identità figurativa.

La natura è piena di textures generate dalla ripetizione all’infinito di un elemento o meccanismo riproduttivo: coralli e spugne mantengono allo scoperto tanto gli elementi primari che si ripetono l’uno attaccato all’altro, quanto la variabilità delle combinazioni che lo stesso meccanismo riesce a produrre.
Anelli di carta e punti metallici servono a costruire dei macro-coralli? Giocando sulle deformazioni degli anelli, i raggi di curvatura della superficie passano dal molto stretto (1 o 2 diametri) all’infinito e la forma del macro-corallo si lascia modellare orientata o ispirata dalla bio-similitudine.

Considerazioni al margine:
- le prestazioni strutturali della forma generata dagli anelli è incredibilmente superiore alle strisce di carta utilizzate per costruirla;
- la deformazione sistematica degli anelli, necessaria alla modellazione del macro-coralli, producono un modello fisico fotografabile e testabile ma non traducibile un modello grafico e, meno che mai, in un modello strutturale;
- la bio-similitudine non riguarda tanto il materiale di partenza o la configurazione di arrivo, quanto il meccanismo di aggregazione e crescita degli elementi costitutivi.

29 ott 2013

Appunti di viaggio (per fare ricerca)

Proseguendo nei miei studi sul disegno dinamico mi sono trovato di fronte a un bivio: l’approfondimento dei contenuti sembra richiedere un aumento della complessità delle simulazioni, delle applicazioni di questo tipo di disegno; la comprensione dei meccanismi spinge verso una estrema scomposizione dei passaggi intermedi sino alla sequenza elementare dei comandi.
La crescita di un albero in un paesaggio influenzato dalle quattro stagioni, la metamorfosi di un tempio greco dal legno alla pietra, la fine dell’architettura a causa dei terremoti, la riappropriazione dei luoghi da parte della vegetazione costituiscono la scaletta di un racconto illustrato in allestimento, che ha il solo scopo di verificare fino a che punto arrivano gli algoritmi dinamici nel simulare la realtà. Vedremo dove mi porterà questa linea di ricerca. Fin dall’inizio però il tentativo di riflettere sui contenuti in questo ambito di indagine porta a distinguere il disegno animato (quello di Walt Disney per intendersi), che utilizza immagini pittoriche in sequenza, dal dynamic design che applica algoritmi per simulare un evento, una prestazione, una procedura.
Ma cosa significa “applicare un algoritmo”? Che differenza c’è tra disegnare un parallelepipedo e gestire l’algoritmo di una primitiva? Di qui il bivio di cui sopra. Mentre sto portando faticosamente avanti la simulazione della complessità, ho provato a spiegare (non so se a me stesso o agli altri) con due dispense pubblicate su amazon.com e lulu.com di cosa è fatto un disegno dinamico, quali sono le scelte che uno compie nel costruire non solo una immagine ma anche le relative modificazioni, metamorfosi o evoluzioni nel corso del tempo.
Per esempio se voglio simulare le lesioni in un muro causate da un terremoto ho bisogno di: un adeguato numero di blocchi o mattoni, la dislocazione di questi blocchi in file a giunti sfalsati, la sovrapposizione delle file di mattoni, l’attribuzione di un peso a ciascun elemento, una appropriata disposizione dei muri per completare la struttura, una fondazione sulla quale registrare i danni del sisma (come un distacco e uno sfalsamento), la capacità di fondazioni e terreno nel sostenere la costruzione, il progressivo generarsi e diffondersi del distacco a partire dalla lesione nelle fondazioni, la parziale perdita di aderenza tra i blocchi, l’incapacità dei blocchi di sostenersi l’un l’altro, l’inclinazione della muratura sino al collasso finale.


3 mag 2013

Stand Construmat 2011, ONG ASF España

Los modelos que muestran a nivel teórico el sistema del ciclo de vida (sean abiertos o cerrados) de materiales y producto en nuestra sociedad, simplifican por necesidad las dinámicas reales relacionadas. El sistema empieza a articularse aplicando el modelo a un producto concreto donde son visibles las interacciones entre diferentes ámbitos industriales en relación a los materiales y procesos utilizados para su producción/construcción. De la misma forma, si quisiéramos formalizar todos los productos que producimos y utilizamos, así como sus múltiples variantes, nos damos cuenta de la vastedad del sistema y de su elevada complejidad. Si imaginamos que desde mañana nuestro sistema de producción a escala global fuese cerrado, igualmente tendríamos ya acumulada una cantidad de desecho que hoy en día no sabemos cómo deshacer.

Esquema del análisis del ciclo de vida de los materiales: en negro el sistema actual lineal y abierto,
en gris el sistema cerrado con la reincorporación de los residuos y su reciclaje.

Para llegar a un ciclo de vida cerrado, deberíamos conseguir que nuestros residuos se transformen en nuestros recursos. Esto implica eliminar el concepto de residuo rediseñando los procesos y los productos desde su origen. “Significa que los valiosos nutrientes contenidos en los materiales conforman y determinan el diseño: la forma sigue a la evolución, no solo la función” (Braungart; McDonough, 2005, 98).

12 lug 2012

Footprints and Roots


An experimental story with the eyes of the others that cross moments and places of the immagination to reach the nature creativity (bio-inspiration).

The sharing of movies, images and musics, available on the web, generates impossible travels in the space and time. From the virtual visit of Sri Lanka to the suggestion of the rainforest, the ruins of an ancient world and the meeting with a new misticism, the arrogance of nature (during the centuries) and the imagination of new landscapes/architectures.



31 mag 2012

Strutture a gravità

In architettura la forza di gravità che esercita una attrazione della materia verso il basso è vista normalmente come un ostacolo. Si vogliono fare edifici sempre più alti capaci di sfidare la natura, che in questi casi è vista quasi come un nemico. Al contrario troviamo esempi capaci di dialogare con le dinamiche naturali e di sfruttare la forza di gravità in modo da creare forme e morfologie efficienti.

Tra i più conosciuti ci sono le opere realizzate da Antoni Gaudí che utilizza la catenaria per trovare la forma dei suoi edifici. Tessendo nello spazio le corde, cui appende differenti sacchetti, A. Gaudí ottiene una trama in cui le forze si distribuiscono in funzione della gravità. Rigirando l’immagine del modello e applicando un adeguato parametro di correzione tra il peso dei sacchetti e la struttura a scala reale ottiene una forma dove il materiale è utilizzato in modo efficiente, portando al limite le sezioni strutturali. Nelle sue opere A. Gaudí utilizza mattoni e pietre mentre il modello della catenaria a gravità funziona a trazione, però permette definire la distribuzione delle forze e una volta girato può essere applicato a materiali resistenti a compressione.

Struttura generata con il programma Cinema 4D applicando la forza di gravità a una maglia appesa.

4 mar 2012

ECO + EQUO: La nostra filosofia


Autocostruzione
Per permettere la condivisione e partecipazione più ampie possibili delle conoscenze e dei risultati attesi





Per trovare strada facendo margini di sperimentazione sui materiali e sulle tecniche



Per tenere insieme dall’ideazione all’opera realizzata compresi tutti i relativi passaggi intermedi


Leggerezza
Riducendo il peso dei materiali e della costruzione attraverso strutture basate sulla tensione




Controllando quantità e qualità delle risorse rinnovabili utilizzate e dei materiali riciclati



Valorizzando la potenziale autorganizzazione dei reticoli, dei tessuti e della sistematica ripetizione di elementi simili


Natura
Intesa come fonte infinita di ispirazione per le soluzioni geometriche e strutturali adottate dagli organismi viventi




Rispettata nelle sue dinamiche evolutive e nella sua capacità di rigenerazione per garantire la sostenibilità degli interventi



Capace tanto di dare la vita quanto di provocare catastrofi da affrontare con tecnologie solidali appropriate


Persone
Interessate o coinvolte a vario titolo nel processo di progetto, realizzazione, manutenzione e uso degli interventi



Collettivamente responsabili della equità (o meglio della moralità) nell’impiego delle risorse ambientali



Impegnate nel contrasto ai fattori di disequilibrio, disagio e ingiustizia economica e sociale