29 ott 2013

Appunti di viaggio (per fare ricerca)

Proseguendo nei miei studi sul disegno dinamico mi sono trovato di fronte a un bivio: l’approfondimento dei contenuti sembra richiedere un aumento della complessità delle simulazioni, delle applicazioni di questo tipo di disegno; la comprensione dei meccanismi spinge verso una estrema scomposizione dei passaggi intermedi sino alla sequenza elementare dei comandi.
La crescita di un albero in un paesaggio influenzato dalle quattro stagioni, la metamorfosi di un tempio greco dal legno alla pietra, la fine dell’architettura a causa dei terremoti, la riappropriazione dei luoghi da parte della vegetazione costituiscono la scaletta di un racconto illustrato in allestimento, che ha il solo scopo di verificare fino a che punto arrivano gli algoritmi dinamici nel simulare la realtà. Vedremo dove mi porterà questa linea di ricerca. Fin dall’inizio però il tentativo di riflettere sui contenuti in questo ambito di indagine porta a distinguere il disegno animato (quello di Walt Disney per intendersi), che utilizza immagini pittoriche in sequenza, dal dynamic design che applica algoritmi per simulare un evento, una prestazione, una procedura.
Ma cosa significa “applicare un algoritmo”? Che differenza c’è tra disegnare un parallelepipedo e gestire l’algoritmo di una primitiva? Di qui il bivio di cui sopra. Mentre sto portando faticosamente avanti la simulazione della complessità, ho provato a spiegare (non so se a me stesso o agli altri) con due dispense pubblicate su amazon.com e lulu.com di cosa è fatto un disegno dinamico, quali sono le scelte che uno compie nel costruire non solo una immagine ma anche le relative modificazioni, metamorfosi o evoluzioni nel corso del tempo.
Per esempio se voglio simulare le lesioni in un muro causate da un terremoto ho bisogno di: un adeguato numero di blocchi o mattoni, la dislocazione di questi blocchi in file a giunti sfalsati, la sovrapposizione delle file di mattoni, l’attribuzione di un peso a ciascun elemento, una appropriata disposizione dei muri per completare la struttura, una fondazione sulla quale registrare i danni del sisma (come un distacco e uno sfalsamento), la capacità di fondazioni e terreno nel sostenere la costruzione, il progressivo generarsi e diffondersi del distacco a partire dalla lesione nelle fondazioni, la parziale perdita di aderenza tra i blocchi, l’incapacità dei blocchi di sostenersi l’un l’altro, l’inclinazione della muratura sino al collasso finale.




Alcune di queste indicazioni deve darle chi disegna, mentre altre sono fornite direttamente dall’algoritmo: le lesioni e il collasso non si disegnano, si osservano soltanto.
Altro esempio, forse meno immediato, che completa il quadro. Se voglio verificare come due tecniche costruttive o sistemi strutturali si corrispondono, la metamorfosi dell’una nell’altra richiede: distinguere tra gli elementi specifici e quelli comuni ai due sistemi, sottrarre da un primo sistema uno ad uno gli elementi specifici, liberata la parte comune distinguere gli elementi che la costituiscono, lasciar variare i parametri geometrici in modo che numerosità degli elementi, dislocazioni nello spazio, dimensioni dei singoli elementi seguano la metamorfosi del primo nel secondo, far apparire uno alla volta gli elementi specifici che completano il secondo sistema tecnologico.



I suggerimenti o completamenti offerti dall’algoritmo in questo secondo esempio sono meno rilevanti rispetto al precedente. La componente dinamica si limita a riconnettere attraverso la variazione dei parametri i due estremi dell’intervallo temporale nel quale è atteso il compimento della metamorfosi.

Il bivio tra approfondimento e comprensione ricorda da vicino il dilemma del dito che indica la luna: sarà pure più importante guardare la luna, ma senza il dito si rischia che nessuno indichi e nessuno guardi.

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