27 dic 2018

La storia degli autentici Plattenbau della DDR

Anna Schuster ha 42 anni, è nata nella parte est di Berlino quando ancora era divisa dal muro. E' cresciuta dunque sotto il governo della DDR. Anna racconta in un video, che è possibile vedere sul sito di Arte TV, come è nato e quale significato ha avuto l'archetipo del socialissimo  "Plattenbau WBS70".
Il video è molto bello, è possibile vederlo in lingua tedesca o francese, noi ve lo (ri)raccontiamo in italiano qui sotto, ma mi raccomando prima vedete il video qui!

Anna è nata a Berlino est e precisamente nel quartiere di Friedrichshain, un quartiere oggi molto in auge ma assai diverso da quello che era una trentina di anni fa. Gli edifici tipici della zona, in cui Anna e la sua famiglia vivevano, erano quelli costruiti all'inizio del '900 con appartamenti dai soffitti alti (3.50 metri) e adornati di stucchi, ma fatiscenti. Il bagno era ubicato nel cortile esterno (abbastanza scomodo sopratutto per chi viveva al quinto piano), e il riscaldamento dell'intero appartamento era affidato a una stufa a carbone (di solito ricoperta di piastrelle di ceramica che si surriscaldava quando era in funzione ma che era del tutto insufficiente a riscaldare un intero ambiente durante i freddi inverni berlinesi). Per questo motivo la famiglia di Anna decide di candidarsi per ottenere un appartamento all'interno di uno dei nuovi edifici che la DDR stava costruendo in quegli anni. Dopo un'attesa di quattro anni Anna e la sua famiglia si trasferiscono quindi a Marzhan.

Oggi Marzhan è conosciuta per essere uno dei quartieri più tristi di Berlino, ma durante la DDR Marzhan era visto come il paradiso terrestre.
All'indomani della seconda guerra mondiale la Germania tutta e Berlino in particolare, si trova a dover fronteggiare la penuria di abitazioni a causa della distruzione bellica. Il regime socialista fa di questa emergenza un tema politico e di propaganda e inizia a proporre il suo modello abitativo: il plattenbau, edifici realizzati con sistemi a blocchi prefabbricati. Siamo negli anni '70 del '900 quando la DDR inizia a realizzare le serie di Plattenbau denominati WBS 70 (che sta per "WohnungsBauSerie",  cioè "Appartamenti in serie" e dove '70 sta per 1970). Esistono molti altri modelli di edifici: Q3A, P2, QP64,.. ma tutti hanno le loro origini nel WBS 70.

Il WBS 70 è realizzato a partire da un modulo quadrato che misura 1.20 X.20 metri, gli edifici possono essere alti 5, 6 o 1 piani. I marcapiani in facciata di solito sono colorati in generale di arancione. Ovviamente il costo di costruzione di questi edifici è molto basso, così come la loro realizzazione è molto semplice e veloce: una volta fatte le fondazioni l'edificio poteva essere realizzato in 18 ore. Naturalmente questo comportava una certa monotonia edilizia tanto è vero che questi edifici sono tutt'ora riconoscibilissimi e identici tra loro in tutte le aree ex DDR della Germania.

Quando Anna si è trasferita nel suo nuovo appartamento di 90 mq, lei e la sua famiglia erano davvero felici perché questo significava:

  • una cucina incassata e completa 
  • il riscaldamento centralizzato
  • un bagno (all'interno dell'appartamento) provvisto di acqua calda e wc.
In più ogni due-tre blocchi c'era: un asilo, uno studio medico, un centro alimentare. 
Anna e la sua famiglia erano molto invidiati dai vecchi vicini di Friedrichshain!

Poi il muro cade, e la gente a ovest ride dei plattenbau costruiti dalla DDR: li chiama "Arbeiterschliessfach" cioè "armadietti per lavoratori" oppure "Wohnklo mit Kochnische" qualcosa come "Appartamento-cesso con cucinicno". In questi ultimi anni i plattenbau sono entrati a far parte di un programma di risanamento e oggi non è più considerato così drammatico viverci dentro, uno perché sono economici e due perché "fa figo" vivere in un autentico Plattenbau firmato DDR!

Nota: quanto scritto è raccontato nel video già citato ma non è una traduzione letterale. Noi dei plattenbau di Berlino ne abbiamo già parlato in questo post: Le risposte della città: la bellezza di Berlino.

13 dic 2018

Albero di Natale che passione!

Ovvero idee dell'ultimo momento per non avere il solito triste albero.


L’albero di Natale è una prova da non sottovalutare. Lo sbirciano i vicini che ne intravedono l’intermittenza dalla finestra. Lo giudicano i parenti quando vengono a fare gli auguri. Determina i ricordi d’infanzia dei figli.  A Roma, l’anno scorso, si è rischiato l'impeachment per un albero di Natale... Per cui non prendete l’argomento sotto gamba.

 

Prima questione: vero o di plastica?

Mi spiace: nessuno dei due. Nel primo caso state utilizzando un albero vivo che qualcuno ha tagliato via dal suo ambiente naturale. Gli abeti hanno una vita molto più lunga della nostra e, anche solo per questo, vanno rispettati. Anche se coltivati appositamente per essere decorati a Natale, la voglia di tradizione non è sufficiente a giustificare né lo spreco di denaro legato al loro acquisto, né la loro morte.
Nel secondo caso, l’albero artificiale è almeno venti volte più inquinante di quello vero: il suo processo produttivo è molto energivoro e i materiali che vengono impiegati sono molto tossici (plastiche, vernici…). E poi è veramente triste!  
Quindi? Tocca ingegnarsi… 

Seconda questione: non ho alcuna idea.

Non è vero. Di esempi se ne vedono tanti, basta fare una ricerca a caso sul web, che ne so: “albero di Natale in cartone”. Ce ne sono di tutti i tipi, da comprare o da fare. Tra quelli da comprare a me è piaciuto questo firmato dall’azienda Reno de Medici, multinazionale italo-canadese che opera nel business della carta. E’ realizzato con il 100 % di fibre di cartone riciclato. E’ disponibile in più versioni e non necessita di decorazioni aggiuntive. Nonostante questo, alcuni modelli neutri, sono stati realizzati in modo che i bambini possano divertirsi con colori, collage e addobbi, proprio come avviene per quelli tradizionali.

       

Oppure provate da soli, potete usare il cartone degli scatoloni se avete appena fatto un trasloco, oppure vecchi rotoli (chiedete nelle copisterie o centri stampa, ne hanno tantissimi). Questo per esempio è stato realizzato utilizzando proprio dei tubi di cartone raccolti in una tipografia. Lo ha fatto Valeria Fazzi che, ogni anno, inventa alberi originali per il Bar-Ristorante-Albergo 64 Rooms di Enna. Valeria ha scelto i rotoli uno per uno. Molto bello il gioco con le diverse sezioni dei tubi, legati dal filo delle luminarie. All’interno di ogni tubo un oggetto o una decorazione.

Terza questione: non ho il tempo, mi serve qualcosa di più veloce.

Ok, mettiamola così: andate a fare una passeggiata in campagna, cercate un ramo morto, magari spezzato dall’ultima pioggia o vento, raccoglietelo e portatelo a casa (se uno non basta prendetene diversi da comporre insieme per ottenere la forma che meglio si addice ai vostri gusti e allo spazio che avete a disposizione).

Potete: lasciarlo del suo colore grigio naturale oppure colorarlo con una vernice a vostro piacimento (bianca, oro, argento, verde, rossa…), e poi decorarlo. Scegliete voi il tema: rosso e dorato; argento e verde; bianco e blu; arancio e oro; grigio inverno e rosa o viola o verde o tutte insieme. Aggiungete capelli d’angelo, ghirlande, lampadine a intermittenza e tutto quello che vi viene in mente.



Quarta questione: il gatto (o bimbo/a che gattona).

In tal caso optate per la bidimensionalità. Scegliete una parete della casa e disegnate il vostro albero. Utilizzate un filo di lana, oppure le lampadine ad intermittenza e disegnate la semplice forma dell’albero di Natale, poi aggiungete eventuali decorazioni. Oppure utilizzate i Washi Tapes, ce ne sono di tutti i tipi; o ancora la lavagna, il famoso cartone avanzato dal trasloco (ma questa volta ritagliato a dovere), i post-it, i cd vecchi che avreste dovuto buttare già cinque anni fa, etc…

Io ancora non l'ho fatto e credo che l'unica mia possibilità sia questa qui sotto: "L'albero degli stracci", un po' (alla Pistoletto) una denuncia al Natale consumistico!

Fonte delle fotografie: Web