"Quel particolare stato d'animo in cui il vuoto diviene eloquente, in cui la catena dei gesti quotidiani viene interrotta e il cuore cerca invano l'anello che lo ricongiunga".
(Albert Camus)
La notte del 6 aprile L’Aquila ha conosciuto l’assurdo, il non senso della vita, la vanità del futuro.
Una città puntellata
E’ così che appare L’Aquila, oggi.
E’ così che appare L’Aquila, oggi.
Non so se a qualcuno di voi è mai capitato di vedere un set
cinematografico. Una scenografia che ripropone un interno di una casa o le facciate
di un intero paese, magari di una piazza.
Le pareti sono formate da pannelli di poliestere e cartone, tutto è
ben disegnato: le finestre, le pietre dei muri, i portoni, le persiane in
legno… Quando si è in mezzo alla piazza, se non si tocca nulla, sembra di stare
in un vero paese (anzi, forse l’hai visto questo paese, in qualche brochure che
pubblicizza piccole gite). Anche se in quel momento non ci sono attori che
recitano e tutto è deserto, non si fatica ad immaginare un gruppo di ragazzi
seduto accanto alla fontana, qualcuno che si abbraccia davanti al portone, dei
turisti che fotografano…