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18 mar 2014

Roma: una città ferita dal traffico e violentata dai cantieri



Quattro domande retoriche e un quesito aperto:
1. Come è possibile che un luogo tra i più belli e importanti del mondo (in termini culturali, ovvero storici, archeologici, artistici, paesaggistici, urbanistici, eccetera) sia trattato con tanto disprezzo e incompetenza? Quale cultura urbana suggerisce che le cose si accavallino, sovrappongano e confliggano tra loro senza un minimo di progetto, coordinamento e organizzazione non solo della persistenza ma anche (e soprattutto) della temporaneità (che a Roma dura da sempre)?
2. Se limitare il traffico con le isole pedonali resta al di sopra della capacità dell’Amministrazione, perché non si vietano i motori a scoppio e si impone l’uso dei motori elettrici? Ci vuole troppa fantasia o autorevolezza per imporre prima a Atac/Trambus e taxi, poi alle Asl e forze dell’ordine, infine ai mezzi privati per il trasporto di persone e merci, che nel centro storico possono entrare solo motori silenziosi non inquinanti?
3. Perché le file ordinate e allegre dei turisti in attesa di entrare al Louvre, al Museo Picasso o alla Tate Gallery fanno allegria e accoglienza, mentre le biglietterie del Foro (ma anche quelle dei Musei Vaticani, anche se in minore misura) sono un ammasso di gente sudata, impolverata e rumorosa? Cosa succederebbe se i flussi turistici raddoppiassero come suggeriscono molte analisi sull’attrattività potenziale di Roma?
4. Pur amando la contaminazione tra kitsch e folclore, tra aulico e spontaneo, cosa succede quando quattro poveracci vestiti da centurioni cinematografici vanno insieme agli ambulanti abusivi extracomunitari, mentre il parcheggio delle carrozze col cavallo sta vicino al nuovi risciò e al chiosco motorizzato e superistoriato (ovviamente parcheggiato sul marciapiede)? Quale identità emerge da questa accozzaglia anarchica di diritti, aspettative, competizioni, prepotenze e illegalità diffusa?
5. Cosa significa oggi amare una città, difenderla dai suoi nemici conciliando passato e futuro, persistente e temporaneo?

10 set 2013

Ricostruire L’Aquila


"Quel particolare stato d'animo in cui il vuoto diviene eloquente, in cui la catena dei gesti quotidiani viene interrotta e il cuore cerca invano l'anello che lo ricongiunga"
(Albert Camus)
La notte del 6 aprile L’Aquila ha conosciuto l’assurdo, il non senso della vita, la vanità del futuro.

Una città puntellata
E’ così che appare L’Aquila, oggi.
Non so se a qualcuno di voi è mai capitato di vedere un set cinematografico. Una scenografia che ripropone un interno di una casa o le facciate di un intero paese, magari di una piazza.
Le pareti sono formate da pannelli di poliestere e cartone, tutto è ben disegnato: le finestre, le pietre dei muri, i portoni, le persiane in legno… Quando si è in mezzo alla piazza, se non si tocca nulla, sembra di stare in un vero paese (anzi, forse l’hai visto questo paese, in qualche brochure che pubblicizza piccole gite). Anche se in quel momento non ci sono attori che recitano e tutto è deserto, non si fatica ad immaginare un gruppo di ragazzi seduto accanto alla fontana, qualcuno che si abbraccia davanti al portone, dei turisti che fotografano…

25 set 2012

A Trincomalee (Sri Lanka) una spiaggia per passeggiate infinite e incontri inattesi

Fotoracconto di un paesaggio complesso



Il desiderio inconscio è l’incontro con la natura incontaminata, con una spiaggia immensa e deserta. L’abbiamo trovata tra Uppuveli e Nilaveli.


















L'incontro però è avvenuto il giorno prima del ritorno verso l’interno. Il primo contatto con l’oceano sono state le solite cose: l’acqua, la sabbia, le barche, il rumore della risacca...