20 set 2012

I paesaggi della microeconomia


I sarti nelle strade del Tamil Nadu (India)


Proseguendo nel percorso avviato con il post del 7 settembre, vorrei documentare/rappresentare le forme della microeconomia, i modi di essere nella città, o meglio nella strada, di numerosi soggetti interrelati tra loro.

Rimandando ad una successiva riflessione la molteplicità tipica dei mercati nelle diverse realtà economiche e culturali, un primo elemento di attenzione è l’occupazione spontanea dello spazio da parte degli operatori. A volte l’occupazione ha bisogno di strutture minimali (ovviamente auto-costruite), altre volte si limita all’occupazione del suolo. La diffusione e la presenza costante di questi sistemi apparentemente deboli ne dimostra il radicamento e l’importanza rispetto alle realtà economicamente marginali (che però riguardano la stragrande maggioranza della popolazione mondiale). Viene il sospetto che siano i nostri strumenti di osservazione ad impedire una comprensione di questi fenomeni, capace di andare al di là delle apparenze.

Soluzioni per il commercio spontaneo in Kenia (2005)

Al primo sguardo, le strade urbane dell’India sembrano dominate dal più completo disordine. Il cosiddetto supporto strutturale (ovvero le case che si affacciano sulla strada), oltre ad essere un coagulo di stili e tempi di intervento incoerenti, è coperto dalle insegne e nascosto da espansioni precarie/temporanee.

Molteplicità dei paesaggi urbani nel Tamil Nadu (2012)

Guardando meglio si notano elementi che si ripetono e corrispondono. Nel video In the streets of the Tamil Nadu: The Women ho utilizzato le donne come chiave di lettura: i loro commerci minimali connotano le strade e i marciapiedi. Un’altra chiave di lettura è il settore del tessile-abbigliamento con tanto di relazioni interne alla filiera produttiva.
Fino agli anni ’70 il processo iniziava nelle aree rurali, dove le fibre erano prodotte dai contadini, le donne del villaggio producevano i fili che gli uomini tessevano. I tessuti alimentavano artigiani e commercianti delle città.

Rilevazione delle attività artigianali per il “Census of India” (1961)

Oggi la produzione dei tessuti è prevalentemente industriale, ma la loro trasformazione in vestiti è ancora fortemente legata alla tradizione micro-artigianale. Nei centri più piccoli è frequente trovare vicini tra loro piccoli negozi di sarti che offrono sia il tessuto sia il vestito su misura (bastano 2 ore per tagliare e cucire una camicia, un paio di pantaloni o una gonna, poco di più per la giacca).
Attorno al Meenakshi Amman Temple di Madurai lo scenario cambia: abiti occidentali preconfezionati (ovviamente di produzione industriale) stanno a fianco a sari per turisti e tessuti più tradizionali. Poi nel Puthu Mandapam, davanti alla gopura est, una lunga fila di piccoli rivenditori di stoffe si integra con numerosi sarti che, ovviamente offrono camicie su misura in 2 ore.
L’architettura rinascimentale del Puthu Mandapam tende alla monumentalità, ma il micro sistema economico che si è insediato dentro, non sembra preoccuparsene. Gli spazi privati sono praticamente assenti, mentre gli spazi pubblici si dividono virtualmente in individuali e collettivi. Gente che passa di corsa senza fermarsi. Altri comprano e si misurano. Altri ancora si fermano davanti alle divinità per pregare. Il collante di tutti questi soggetti sono le persone che lavorano con energia e umiltà.

Incontri nelle strade del Tamil Nadu (2012)

Tornando sulle strade piene di veicoli e persone ancora una volta questo micro-tessuto economico scompare alla vista. Ma se ci si ferma ad osservare come sono vestite le persone, la varietà dei colori, le differenze tra la manifattura tradizionale e industrializzata, si ha la netta percezione del ruolo che ancora svolgono in India le forme di lavoro autorganizzate. Anche le persone che stanno nella strada o frequentano un tempio si appropriano dello spazio in modi indifferenti a caratteristiche e suggerimenti dell’architettura. Sembrano inconciliabili razionalità e integrazione, mentre l’unico e il molteplice trovano infiniti punti di equilibrio.

Il paesaggio urbano generato dalle persone e dai modi vestire (2012)




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