Mi hanno chiesto di fare un post sulla interpretazione
“olistica” del progetto e dell’architettura. Il termine può sembrare ostico ma
il concetto retrostante è semplice, quotidiano. Basta pensare al tramonto: un
evento che si ripete tutti i giorni, in tutte le parti del mondo, ben spiegato
dalla scienza. Eppure quando il cielo è limpido sul mare, lo spettacolo diventa
emozionante il più delle volte. Un po’ di foschia può rovinarlo, le nubi
nasconderlo, ma quando i colori prendono il sopravvento, io resto rapito. Le
spiegazioni astronomiche e metereologiche dell’evento sono del tutto estranee e
separate dall’emozione trasmessa. Gli antichi popoli del Mediterraneo credevano
che la terra fosse ferma e che il sole le girasse intorno. L’emozione di un
tramonto poteva essere la stessa di oggi. Conta la disposizione dell’animo di
chi si pone di fronte al sole che si tuffa nel mare.
L’incontro con una architettura, anche se preparato
dall’esame della documentazione fotografica, può risultare entusiasmante o
deludente, confermare le attese o sorprenderci. Quando circa venti anni fa sono
andato a visitare il palazzo di Frank Ghery a Praga (a volte chiamato Giger e Fred) mi sono trovato di fronte
ad una realtà architettonica e urbana del tutto imprevista. Ciò che le pubblicazioni
sull’opera non lasciavano intravvedere erano le relazioni con l’intorno.