(parte 2 di 3)
La città che (s)cambia.
Boxhagener Platz è una
piazza molto grande. Un marciapiede larghissimo, coronato da alberi, le fa da
cornice. In mezzo alla piazza ci sono: uno “spielplatz”, pieno di sabbia
fastidiosa che tanto piace ai bambini; una grande vasca in cemento con una
fontana che schizza acqua nelle pochissime giornate di calura; un prato verde,
non molto pulito, che si riempie nei giorni di sole, anche quando questo non
riscalda. Tutt’intorno il
marciapiede è quasi sempre vuoto, solo persone di passaggio: a piedi o in bici.
Chi la conosce bene sa
che, in verità, questa piazza conta!
Conta, quanti giorni e
quante ore mancano prima che possa di nuovo cambiare.
Perché di sabato e di
domenica, questa piazza (s)cambia.
Il sabato indossa un abito
colorato: i colori ricordano la frutta e le verdure di stagione, e mette un po’
di profumo, quello di fiori stravaganti. La domenica veste un vestito molto più
composto ma talmente pieno di accessori e cianfrusaglie che quasi l’abito non
si vede più.
Il sabato è il turno del
mercato dei produttori locali. I banchi sono formati dai furgoni, che per
quelle 5 ore si fermano e si aprono a mostrare le loro merci.
E’ a Berlino che ho
scoperto le mezze stagioni, ed è in questa piazza che ho scoperto i frutti di
bosco, le patate con i nomi di donna (Agata, Laura, Annabelle, Linda…), le
infinite varietà di cavoli ma soprattutto i fiori. O meglio, ho scoperto che
puoi comprare mazzi bellissimi di cavoli e carciofi da mettere in soggiorno,
che puoi comprare mazzi di gigantesche ortensie senza che siano necessariamente
piantate in vasi pesanti di terra, e ho scoperto che fiori, che fin dalla mia
infanzia credevo fossero selvatici, come i papaveri e i fiori di cardo, si
possono, invece, seminare in vaso!
Ma è l’abito della
domenica quello che a me affascina. Più precisamente, mi piace assistere alla
vestizione della mattina ed alla
spoliazione della sera.
I primi a presentarsi,
domenica mattina, sono i venditori di accessori e cianfrusaglie. Ci sono quelli
che arrivano con le valigie o i borsoni, quelli che pedalano dei carretti
pieni, e quelli, che vendono per mestiere, che arrivano con i furgoni. Chi è lì
a vendere ogni domenica, occupa il proprio posto e comincia ad organizzare le
merci anche se non è ancora arrivato lo stand, gli altri occupano un angolo
aspettando di capire dove si possono posizionare.
E qui comincia la
sequenza.
Velocemente gli operai poggiano il primo cavalletto, poi il secondo, il terzo e così di seguito, uno di fila all’altro e ognuno alla giusta distanza. Sopra viene appoggiata, orizzontalmente, una tavola, che farà da piano per esporre le merci. Agli estremi della tavola ci sono due fori di sezione quadrata, dove vengono infilate due aste: una in una estremità, una nell’altra. Con un gesto veloce e preciso, evidentemente affinato nelle varie fiere e mercati che ha allestito, l’operaio di turno trasforma, aprendola, quest’asta in un sistema di 3 aste incernierate: un’asta rimane incastrata nel foro, l’atra viene appoggiata dietro, la terza reggerà il telo che copre tutto. (la sequenza di foto mi aiuta a spiegarmi meglio).
Velocemente gli operai poggiano il primo cavalletto, poi il secondo, il terzo e così di seguito, uno di fila all’altro e ognuno alla giusta distanza. Sopra viene appoggiata, orizzontalmente, una tavola, che farà da piano per esporre le merci. Agli estremi della tavola ci sono due fori di sezione quadrata, dove vengono infilate due aste: una in una estremità, una nell’altra. Con un gesto veloce e preciso, evidentemente affinato nelle varie fiere e mercati che ha allestito, l’operaio di turno trasforma, aprendola, quest’asta in un sistema di 3 aste incernierate: un’asta rimane incastrata nel foro, l’atra viene appoggiata dietro, la terza reggerà il telo che copre tutto. (la sequenza di foto mi aiuta a spiegarmi meglio).
Il tutto rigorosamente in
legno e senza dover avvitare o ancorare alcunché.
Credo che per montare un
banco, l’operaio ci metta, in media, 10 minuti. Finito il primo banco si passa
al secondo, che si trova di seguito al primo e così via fino a completare il
primo lato della piazza, poi il secondo, il terzo e il quarto. Pian piano tutta
la piazza si è trasformata. Non si vedono più lo spielplatz, la vasca, il
giardinetto. Quando tutti i venditori, improvvisati o meno, hanno finito di
caricare i banchi con le loro merci, non si vede più neanche la struttura dello
stand.
Questi elementi effimeri,
maneggevoli, e, a dire il vero, un tantino instabili, costruiscono un nuovo
luogo; la sequenza perfetta dei gesti, la ripetizione degli elementi e del
sistema, lo qualificano e gli danno ordine.
E’ il Municipio a fornire la struttura. Prenoti il tuo posto e lo paghi, la quota può comprendere il banco oppure no, dipende dalla richiesta. Gli operai, mandati dal Municipio, si occupano di montare e smontare il tutto, al venditore tocca togliere tutta la merce entro un certo orario, pena una multa.
E’ il Municipio a fornire la struttura. Prenoti il tuo posto e lo paghi, la quota può comprendere il banco oppure no, dipende dalla richiesta. Gli operai, mandati dal Municipio, si occupano di montare e smontare il tutto, al venditore tocca togliere tutta la merce entro un certo orario, pena una multa.
Un sistema semplice di
organizzazione che consente di trasformare, frantumare e moltiplicare
l’immagine urbana di una piazza.
Un evento, quello del mercato delle pulci della domenica, che consente
di scambiare, conoscere e scoprire più di una cultura.
A sera la sequenza è la stessa ma specchiata. I venditori
riportano indietro la merce invenduta e l’operaio comincia a smontare tutto:
prima il telo, poi le aste, la tavola e i cavalletti. Si libera prima un lato
della piazza, poi il secondo, il terzo e il quarto. Ogni parte dello stand si
ripone nei carretti in modo ordinato, perché ogni parte può essere poggiata
sull’altra o incastrata per essere trasportata.
La piazza torna alla
quiete, e chi la conosce bene sa, che conta…
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